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Prelazione agraria e azione di riscatto (Parte II)

prelazione agraria

Può il coltivatore diretto riscattare due fondi venduti anche se la coltivazione era praticata solo su uno di essi?

 – Il procedimento di secondo grado –

A seguito delle sentenza di primo grado menzionata nel precedente articolo >>, veniva proposto appello dagli acquirenti del fondo; appello fondato principalmente sulla non riscattabilità di un fondo mai coltivato e per il quale non esisteva prova della detenzione qualificata.

Rilevava questo patrocinio che l’atto di compravendita non riguardava un unico fondo, come ritenuto dalla difesa del coltivatore e dal Giudice territoriale, quanto piuttosto di due terreni autonomi perchè divisi dalla strada provinciale e pertanto catastalmente individuati in differenti particelle non confinanti tra loro: a monte della provinciale vi è il terreno con estensione di circa cinque ettari sul quale l’attore provvedeva alla coltivazione, mentre a valle della menzionata strada si estendeva per circa un ettaro un diverso terreno (contrassegnato da altre particelle) mai coltivato prima della vendita e fino al termine della causa di primo grado, dell’aspetto prevalentemente.

Pertanto i due terreni, pur facenti capo ad un’unica proprietà e venduti con un unico atto dovevano comunque essere considerati in modo separato in quanto non solo distinti ed autonomi, ma tra loro neppure confinanti.

Quello che era sfuggito all’attore pensando ad un unico atto di vendita lo chiarisce la Corte di Cassazione a Sezione Unite con sentenza 2582/88 secondo cui sono terreni confinanti solo quelli per i quali sussiste relazione di contiguità materiale, mentre sono fondi non confinanti, quindi separati, quelli divisi da una strada vicinale, da una strada comunale e/o da una strada provinciale.

Conseguentemente l’attore poteva riscattare solamente concessogli affitto per il quale vi era la prova di una pregressa coltivazione almeno biennale, mentre non poteva riscattare cumulativamente entrambi.

Infatti seconda la pacifica giurisprudenza di cassazione ove il fondo costituente oggetto dell’affitto a coltivatore venga alienato unitamente ad altri beni, il diritto di prelazione ed il succedaneo diritto di riscatto spettano all’affittuario con riferimento al solo terreno concessogli in affitto (Cass n. 1862/74; 2916/75; 3384/80; 2649/86; 5361/87; 1481/88).

L’eccezione, poi convertita in motivo di appello non era di poco conto, perché la sua logica conseguenza conduceva al rigetto della domanda. Infatti siccome non era stato fissato dalle parti un prezzo distinto per ciascun fondo all’atto della compravendita, bensì un prezzo unico per tutte le particelle compravendute, controparte avrebbe dovuto avanzare almeno una domanda in cui coniugare il mero accertamento del valore del solo fondo lavorato con la richiesta di riscatto limitatamente a suddetto fondo.

Ciò non avveniva nemmeno come domanda subordinata.

A tal proposito la Suprema Corte ritiene pacificamente che una volta proposto l’atto introduttivo del giudizio, il diritto di riscatto non può essere più soggetto a variazione di sorta; in definitiva la richiesta di riscatto, una volta effettuata non è suscettibile di mutamenti (per tutte Cass. 5361/87).

Per tali motivi conseguiva secondo questa difesa l’impossibile accoglimento della domanda del retraente che senza distinzione alcuna tra fondo lavorato e quello mai detenuto aveva chiesto il riscatto di entrambi.

La corte di appello di Ancona con sentenza n. 523/2103 coglieva sia l’incongruenza nella difesa del coltivatore rigettando la tesi secondo la quale egli avrebbe detenuto anche il fondo a valle della provinciale destinandolo a bosco e/o pascolo sia l’efficacia dirompente del motivo di appello sollevato da questo patrocinio relativo al prezzo offerto per il riscatto del terreno compravenduto.

In definitiva la sentenza accoglie due importanti principi giurisprudenziali:

Innanzi tutto la prelazione sui terreni boscosi ricorre solo nell’ambito di una azienda agraria destinata a l’esercizio di colture forestali (Cc 4850/91). Non ricorreva evidentemente nel caso di specie poiché il coltivatore esercitava coltivazioni di fondi agricoli.

Inoltre in materia di contratti agrari, una volta esercitato con l’atto introduttivo del giudizio, il diritto di riscatto ex art. 8 L. 590/65 questo non è più suscettibile, in prosieguo di variazioni di sorta, né con riguardo all’estensione del terreno, né con riferimento al prezzo offerto, essendo preclusa alla parte non soltanto una vera e propria “mutatio libelli” ma anche una mera “emendatio” poiché le nozioni di “mutatio” ed “emendatio libelli” proprie del processo non sono trasferibili alle dichiarazioni negoziali. Siffatta possibilità è a fortiori preclusa, stante il principio posto dall’art. 112 c.p.c. al giudice, a meno che dall’interpretazione della domanda non emerga che quando ha non solo ad oggetto il riscatto di una determinata e puntualmente descritta porzione di terreno, ma contiene anche una pretesa subordinata, relativa ai soli fondi che in sede di giudizio dovessero essere accertati e ritenuti come effettivamente condotti in affitto dal retraente. (Cass 1103/2004)

Nel caso di specie il coltivatore non aveva manifestato l’intenzione di escludere dalla domanda iniziale le particelle del fondo rispetto alle quali non sussistevano le condizione per l’esercizio del relativo diritto….

Per questi motivi l’appello veniva pienamente accolto con la condanna del coltivatore alla rifusione delle spese di lite dei due gradi di giudizio e l’implicita condanna alla restituzione delle spese legali corrisposte per la vittoria del primo grado di giudizio.