Non salda il conto dell’albergo: truffa o illecito civile?

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Può configurarsi il reato di truffa (ex art. 640 c.p.) nella condotta di colui che, prenotando una prima volta per un ospite una camera d’albergo e saldandone il conto, prenota ancora con le stesse modalità la stessa stanza rifiutandosi però questa volta di pagare?

Nello specifico, nel dibattimento svoltosi presso il Tribunale di Fermo e conclusosi lo scorso Febbraio, si andava a giudicare il comportamento di un nostro assistito che secondo l’accusa si sarebbe macchiato del reato di truffa.

Tale reato si sarebbe concretizzato nel chiedere, ricevere e pagare regolarmente un primo soggiorno a favore di un terzo soggetto e quindi, sfruttando l’affidamento contrattuale creatosi grazie al regolare svolgimento della prima fase dei rapporti, nel chiedere qualche mese dopo ed ottenere la disponibilità di una camera per un secondo soggiorno senza però questa volta corrisponderne il conto al termine del rapporto.

La Procura di Fermo, nell’arringa finale aveva richiesto una condanna di mesi 4 di reclusione e € 100,00 di multa, mentre la difesa da noi esercitata ha chiesto l’assoluzione con formula piena sul presupposto che il fatto integrasse gli estremi di un mero illecito civile.

Punto di partenza nella nostra tesi difensiva è stato l’assunto che era sicuramente difficile ipotizzare che l’agire dell’imputato fosse preordinato al successivo inadempimento, giacché non può escludersi che esso fosse dipeso da contingenti e sopravvenute difficoltà solutorie.

Ma il punto centrale della questione riguarda la mancanza del requisito costitutivo della truffa ovvero l’artifizio o il raggiro ai fini del perfezionamento della volontà negoziale e cioè nella fase di formazione del consenso. Non ha infatti rilievo in sede penale (in quanto costituente un post factum) qualsivoglia scorrettezza comportamentale successiva alla fase di formazione del consenso negoziale.

Nel specifico, secondo la sentenza emessa dal Tribunale di Fermo, sì è in presenza di un inadempimento civilistico,perché nella fase negoziale non si intravedono quegli artifici o raggiri che devono consistere in una falsa rappresentazione della realtà in modo da condizionare l’iter formativo della volontà negoziale.

Quindi nella fattispecie non si è trattato di un illecito penale, bensì di un illecito civile azionabile nella competente sede.

L’imputato è stato quindi assolto dal Tribunale di Fermo (sent. 87/ 2013) ai sensi dell’art. 530 c.p.p. perché il fatto non sussiste.